50 anni con Dio e 14 anni per Dio

1586
Salvatore-Consoli

Trascriviamo il testo integrale dell’omelia del nostro vicario parrocchiale Don Salvatore Consoli, fatta in occasione della Celebrazione Eucaristica del 28 Dicembre 2020, giorno del suo compleanno e dell’anniversario di sacerdozio.

XIV Anniversario di Ordinazione Presbiterale Parrocchia Sacra Famiglia – Catania
Festa Santi Innocenti martiri
28 dicembre 2020

Celebriamo oggi la terza delle feste che la liturgia colloca immediatamente di seguito alla solennità del Natale del Signore. Dopo aver ricordato il primo martire S. Stefano e quest’anno l’apostolo ed evangelista S. Giovanni messo in secondo piano dalle Festa della Santa Famiglia di Nazareth, oggi ricordiamo i Santi Innocenti martiri.

Stefano, Giovanni e i Santi Innocenti hanno uno stretto rapporto con Cristo Signore, il Salvatore nato a Betlemme. Stefano è il primo della schiera senza numero di coloro che ieri ed oggi non permettono che lusinghe o minacce li separino da Cristo; Giovanni ha veduto, ha contemplato e ha toccato con le sue mani il Verbo della vita e ne ha dato a noi fedele testimonianza. I Santi Innocenti sono stati uccisi a causa dell’odio di Erode al Divino Bambino loro coetaneo: gli hanno reso onore non dopo averne avuto conoscenza per fede, ma con il sangue versato per Lui.

L’odierna celebrazione ha luogo durante l’ottava di Natale e quindi nel clima della grande gioia perché è nato il Salvatore, ma il quadro cambia di molto.

Al centro c’è sempre Gesù. Accanto gli sta Maria che “l’attese e lo portò in grembo con ineffabile amore” (Pref. Avvento III) e lo diede alla luce “sempre intatta nella sua gloria verginale” (Pref. della BVM I). Servo saggio e fedele, Giuseppe custodisce, come padre, il Figlio di Dio fatto uomo. A sostituire i pastori sono giunti da oriente alcuni Magi, in ricerca del re dei giudei che è nato e che essi vogliono adorare.

La festa dei Santi Innocenti martiri ci ricorda, però, che entra in scena Erode, egli pure alla ricerca di Gesù, ma “per ucciderlo”. Possiamo immaginare come cadde nell’anima di Giuseppe questo gelido annunzio. Ce lo rivela il suo agire. Appena destatosi, egli prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto. Quali domande avrà posto Maria per capire il perché di tanta fretta? Quali risposte avrà dato Giuseppe? Come le accolse Maria? Chi ha vissuto o vive preoccupazioni nei riguardi di persone amate, può facilmente rispondere e comprendere cosa accadde in quella notte, quando non c’era più una moltitudine di Angeli a lodare Dio e a proclamare: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini amati dal Signore”, ma incombeva Erode che cercava il bambino per ucciderlo.

Maria e Giuseppe, che hanno sperimentato tale straziante sofferenza, siano vicini a chi vive la loro stessa sorte ed ottengano da Gesù la conversione di chi si ostina a far soffrire tanti genitori, mettendo in pericolo o sopprimendo la vita dei loro figli. Erode cerca il bambino per ucciderlo. È la furiosa reazione di chi si è visto preso in giro ed impedito di realizzare il piano che solo a parole aveva espresso ai Magi: “quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo” (Mt 2, 8). Erode era rimasto turbato apprendendo dai Magi che era nato il re dei giudei perché era di carattere ombroso e crudele. “Ingegno, scaltrezza, circospezione, tutto era in lui al servizio di uno sconfinato egoismo, che si sostanziò nella ossessione del potere, fino alla crudeltà al di sopra di ogni affetto, anche per le persone più care” (Francesco Spadafora, voce “Innocenti” in Bibliotheca Sanctorum, Città Nuova Editrice, vol. VII, p. 819).

Già la moglie, i figli ed altri parenti erano state sue vittime, frutto di quella terribile concatenazione descritta da Giacomo: “Da che cosa derivano le guerre e le liti che sono in mezzo a voi? Non vengono forse dalle vostre passioni che combattono nelle vostre membra? Bramate e non riuscite a possedere e uccidete; invidiate e non riuscite ad ottenere, combattete e fate guerra” (Gc 4, 1-2).

Adesso tocca a questi piccoli, rei soltanto di essere coetanei del nato Re dei Giudei. “La collera del re esplose feroce; umiliato dall’insuccesso della sua subdola trama, ossessionato dal timore di perdere il trono, ordinò l’uccisione di tutti i maschi a Betlemme e dintorni, dai due anni in giù, basandosi sulla data dell’apparizione della stella indicatagli dai Magi” (F. Spadafora, l.c.). “I Santi Innocenti furono uccisi per Cristo e in cielo lo seguono, Agnello senza macchia, cantando sempre: «Gloria a te, o Signore» (Antifona d’ingresso). E non solo cantano, ma, meraviglioso dono della grazia, portano anche trionfanti la palma della vittoria (cfr seconda lettura dell’ufficio delle Letture).

Erode camminava nelle tenebre, non riconosceva i suoi peccati e quindi non si lasciava coinvolgere nel salvifico dinamismo che ancora una volta l’apostolo Giovanni questa sera ricorda a noi qui presenti. Dio, che “è luce”, per il popolo che camminava nelle tenebre e per coloro che abitavano in terra tenebrosa (cfr Is 9,1) ha fatto rifulgere una grande luce, ha inviato fra noi il Figlio, “la luce vera, quella che illumina ogni uomo (Gv 1,9). Chi segue lui, “non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (ib, 8, 12). Gesù è venuto affinché noi abbandoniamo la via delle tenebre e, camminando nella luce, siamo in comunione con Dio e, quindi, in comunione gli uni con gli altri. Questa comunione non solo uccide in radice la concatenazione descritta da S. Giacomo, ma, soprattutto, ci rende fratelli, ci fa camminare nell’amore, ci impedisce di essere, palesemente o di nascosto, dei piccoli o grandi erodi che disprezzano, fino ad eliminarla, la vita degli altri. Camminare nella luce significa camminare nella libertà dell’amore di Dio, dell’amore fraterno, dentro la Chiesa e nelle strade della storia.

Noi siamo discepoli di Colui che è l’Uno morto per tutti perché non viviamo più per noi stessi, chiusi nello sfrenato egoismo da cui derivano ogni empietà verso Dio ed ogni crudeltà verso il prossimo, ma per Lui e quindi nella luce dell’amore e della libertà. Noi cristiani siamo testimoni di Gesù Risorto e vivendo la vita nuova nello Spirito, siamo come Lui luce, sale e speranza del mondo. A tutti noi spetta il dovere della testimonianza, in modo speciale a me che sono chiamato a ringraziare questa sera il Signore per questo 14° anno di ordinazione presbiterale e per il mio 50° compleanno. Il Signore mi ha chiamato all’esistenza e i miei genitori, per fortuna, non hanno provato il dolore delle mamme e dei papà i cui piccoli innocenti furono uccisi da Erode. Grazie a Dio essi sono con la Santa Famiglia di Nazareth in Cielo a ringraziare il Signore e a vivere con gioia questo 14° anno di sacerdozio e posso dire di non essere stato colpito da crudeltà di persone o di eventi, ma oggi sono qui gioiosamente a testimoniare quanti doni che il Signore mi ha elargito fino ad oggi, e non sto qui ad enumerarli altrimenti dovremmo impiegare le stesse ore di 14 anni fa per la mia ordinazione!!!

Sono ancora grato al nostro Arcivescovo per avermi fatto il dono di essere ordinato lo stesso giorno del mio compleanno, e questo mi permette, oggi e nel futuro, di sottolineare che la coincidenza della data

di nascita e di ordinazione sacerdotale mi dà la possibilità di poter pensare che anche in me si realizza la Parola rivolta dal Signore a Geremia: “Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni” (Ger 1, 4-5).

Il Signore mi ha affidato il ministero della riconciliazione e mi ha abilitato a fungere da ambasciatore per Cristo. In suo nome e con la sua forza, ho rivolto a tutti, incessantemente ed indistintamente, lì dove ho potuto l’invito: lasciatevi riconciliare con Dio. Solo da questa riconciliazione con Dio può nascere la pace fra i popoli, con i nostri vicini, con noi stessi e con il creato. Sono felice di essere ministro della riconciliazione soprattutto nello specifico sacramento istituito da Cristo e conservato dalla Chiesa come fonte inesauribile di speranza quando ci pesa il rimorso della colpa, e come mezzo prezioso di purificazione per rispondere sempre meglio all’amore del Signore. Nel proclamare la Parola di Dio, ho voluto annunziare sempre l’amore misericordioso del Padre, anche se non sempre la mia vita e le mie opere lo hanno dimostrato in pieno, e per questo chiedo perdono a tutti. Ho cercato di fare in modo che i fratelli e le sorelle che mi ha fatto incontrare potessero partecipare fruttuosamente all’Eucaristia, nutrendosi del Pane della vita ed inebriandosi del Sangue di Cristo che ci purifica da ogni peccato.

Mi ha accompagnato sempre, come del resto fin da piccolo, la tenerezza materna di Maria, che per me e penso per tutti noi, è splendido modello di santità e maternità, e vorrei sempre imparare da lei il suo stile di accoglienza generosa di Gesù per saperlo offrire anche agli altri. È infine è stata di forte incoraggiamento la cordiale stima con cui tutti voi che mi avete accompagnato in questi 2 mesi qui alla Sacra Famiglia. Ringrazio tutti con grande affetto: la mia famiglia, gli amici di sempre e quelli conosciuti in questi ultimi due mesi, voi in modo particolare parrocchiani di questa meravigliosa comunità di Sacra Famiglia in Catania e gli amici di altre comunità della Diocesi, e infine colui che mi ha accolto e sostenuto dal 15 ottobre 2020, nei momenti intensi e ricchi di tanta umanità condivisa insieme, cioè il vostro Parroco, P. Antonio Gentile, che ancora continua essere per me amico, fratello e padre in questo servizio così delicato alla Chiesa Santa di Dio che è in Catania.

Grazie a tutti e in modo particolare a Dio che mi ha chiamato alla vita e al sacerdozio.

Don Salvatore Consoli

Condividi con:


LASCIA UN COMMENTO

Fai il login con:

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.